ENERGY AND LIFE.n.19

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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ENERGY AND LIFE



Organo d’informazione
20 maggio 2025- n. 19

IN QUESTO NUMERO:

COP 30 Brasile , sentinelle dei boschi e altro - pag.2
La microplastica e la nostra salute - pag. 3
La pagina della scienza del prof. Campanella - pag. 5

Curiosità della Natura : La processionaria - pag. 7
Notizie Idrogeno : Idrogeno dal mare - pag. 9
“ Sillabe Resistenti “ - pag. 10

La voce dei lettori : Islam e Europa - pag. 12

http://www.fondazioneaqua.org/

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Ing. ADRIANO SANTEUSANIO, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE AQUA

Impegni e successi
Con il nostro referente a Rio de Janeiro, Edoardo Pacelli, abbiamo intrapreso la strada per essere accreditati come
Fondazione AQUA al prossimo COP sul clima che si terrà a partire dal 10 novembre c.a. a Belem sempre in Brasile. Il
nostro contributo sarà quello di presentare il nostro corso internazionale per prepararci ai cambiamenti climatici. Il
corso per Assistente Climatico e Ambientale molto probabilmente sarà presentato insieme all’Università della Pace
del Costa Rica. Oltre a questo abbiamo l’intenzione di offrire un premio in denaro alla comunità indios che più delle
altre si è dimostrata forte nel contrastare il disboscamento illegale della foresta.
Ma non finisce qui, abbiamo contattato la direzione della rubrica RAI “Mediterraneo” per coinvolgerla nella
celebrazione dell’8 luglio per la giornata internazionale del Mediterraneo. Questa volta, invece di fare il solito
convegno al Senato o alla Camera, abbiamo pensato di trovare 3 comuni costieri italiani più virtuosi nella tutela del
mare al fine di assegnare l’8 luglio un nostro riconoscimento.
Ultimamente abbiamo preso impegni con le maestranze dei poli industriali della ceramica, Civita Castellana e
Sassuolo, per cercare di risolvere il problema dei costi eccessivi dell’energia che minacciano il futuro di questa
eccellenza italiana. Su questo settore vi terremo informati.
Infine continua l’elaborazione della proposta di mettere in sicurezza i comuni italiani da eventi climatici estremi, su
questo abbiamo effettuato i primi importanti incontri sia con i Carabinieri Forestali che con RINA. Sempre con i CC.
Forestali abbiamo proposto di far rinascere in Italia, in previsione dei rischi estivi degli incendi boschivi, la figura della
Sentinella dei Boschi. Questo ed altro sempre disposti a darvi notizie e, perché no, coinvolgervi.


PER IL 5x1000 RICORDATI DI NOI!
Fondazione Aqua - E.T.S. : C.F. 96600990582
Per donazioni e contributi (erogazioni liberali) è possibile fare
riferimento al seguente c/c bancario.
IBAN: IT13V0312403201000000231223
intestato a: Fondazione Aqua - E.T.S.


Non dimenticate di visitare il nostro sito web: WWW.FONDAZIONEAQUA.ORG
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S.O.S. MICROPLASTICHE: possono entrare nel cervello
già 2 ore dopo l’ingestione
servizio del prof. Ezio Gagliardi

Il problema della presenza non solo della plastica nell’ambiente, ma soprattutto delle microplastiche
presenti ovunque, dovrebbe preoccuparci fortemente e indurci a fare qualcosa di serio per cercare di
arginare questa situazione che minaccia direttamante la nostra salute. Si pensi che la microplastica
possiamo respirarla inconsapevolmente respirando non solo in riva al mare, ma anche dentro le nostre
città. La microplastica, infatti, per il fenomeno dell’evaporazione sale nell’atmosfera e poi ricade
inglobbata nelle gocce di pioggia o più semplicemente la troviamo presente nell’aria che respiriamo oltre
che nei cibi che mangiamo.
A questo punto penso che possa essere importante conoscere a che punto sono arrivati gli studi in
questo settore. Quindi mi pregio presentare la sintesi del lavoro fatto dalla collega Luigia Bruccoleri sulle
microplastiche e i danni potenziali al nostro cervello.

I risultati emersi da uno studio eseguito sui topi hanno rivelato che le microplastiche possono
attraversare la barriera emato-encefalica ed entrare nel cervello già dopo 2 ore dal loro ingerimento. È
stato scoperto che il cervello dei topi alimentati con micro e nanoplastiche (MNP) li conteneva solo due
ore dopo l’ingestione tramite un meccanismo precedentemente sconosciuto alla scienza, e suggerendo
che le minuscole plastiche presenti quasi ovunque potrebbero essere ancora più preoccupanti di quanto si
pensasse in passato.
Una volta entrate nel cervello, i ricercatori sostengono che le micro e nanoplastiche potrebbero
comportare l’aumento del rischio di una serie di gravi malattie. Come ha spiegato il prof. Lukas Kenner,
uno degli autori principali dello studio: “Nel cervello, le particelle di plastica potrebbero aumentare il
rischio di infiammazione, disturbi neurologici o persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il
Parkinson”.
Le microplastiche possono entrare nel corpo di un essere umano attraverso l’acqua potabile contenuta
in bottiglie di plastica e imballaggi alimentari, e si stima addirittura che 90.000 particelle di plastica sono
in grado di entrare in una singola bottiglia di acqua minerale ogni anno.
Dalla loro scoperta, le micro e nano plastiche sono diventate sempre più una crescente preoccupazione
per la salute e sono stati implicati come causa di in una serie di malattie anche gravi. I ricercatori hanno
osservato come le microplastiche in polistirene di varie dimensioni si riescono a muovere in tutto il corpo
incluso il cervello. Il team di ricerca ha somministrato per via orale a tre topi delle particelle per poi
eutanasizzarle, da due a quattro ore dopo, consentendo loro di prelevare campioni del cervello e testarle.
Il team ha scoperto che le microplastiche più piccole avevano attraversato la barriera emato-encefalica e
raggiunto il cervello dopo appena due ore. Mentre alcune delle particelle più grandi introdotte nei topi
non sono riuscite a superare la barriera, indicando quindi che le particelle erano aiutate dalle loro piccole
dimensioni.
Il ricercatore Kenner ha poi spiegato che: “Per ridurre al minimo il potenziale danno delle particelle micro
e nanoplastiche per gli esseri umani e l’ambiente, è fondamentale limitare l’esposizione e limitarne l’uso
mentre vengono condotte ulteriori ricerche sugli effetti degli MNP”; La ricerca è stata poi pubblicata sulla
rivista Nanomaterials.
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Molte sono le ricerche che dimostrano la presenza in tutti gli organi dell’uomo delle micro e nano fibre.
Penso sia utile riportare uno studio pubblicato su JAMA Network Open il quale conferma che le
microplastiche possono essere presenti nei bulbi olfattivi del cervello umano, basandosi sull'analisi di 15
persone decedute.
A tal proposito The National Oceanic and Atmospheric Administration fa notare che le microplastiche per
entrare nel cervello devono avere dimensioni inferiori ai 5mm di lunghezza.
La loro presenza nei bulbi olfattivi fa pensare che possano entrare per via aerea attraverso il naso;
purtroppo non ci sono molti dati in tal senso, in quanto le quantità trovate sono basse (1-4
microparticelle per grammo); ovviamente tutti gli organi sono interessati al loro accumulo (Environmental
Health September 16, 2024, Microplastics in the Olfactory Bulb of the Human Brain).

Mi chiedo se la loro presenza nel cervello non possa contribuire ai casi demenza senile in forte aumento
nel mondo occidentale; è stata trovata una buona correlazione tra la contaminazione dell’aria e
incremento di demenza senile; vorrei ricordare che nell’aria contaminata (smog) risulta notevole la
presenza di polveri sottili, per cui vi è una buona probabilità che le polveri sottili possano contribuire in
maniera significativa all’aumento dei casi di Demenza senile.

Non vi è organo del nostro corpo che non abbia accumulato micro e nano plastiche (inferiori a 1micron di
spessore); purtroppo non sempre conosciamo bene le conseguenze per la nostra salute.

Riporto un solo caso, per me molto significativo di pericolosità delle micro e nano fibre: nella rivista The
New England Journal of Medicin viene riportato un lavoro che dimostra come le placche aterosclerotiche
contengano spesso micro e nano plastiche a base di polietilene (PE, rilevato nel 58.4% dei casi) o
polivinilcloruro (o PVC, individuato nel 12.5% dei casi), due dei composti plastici di maggior consumo nel
mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole
plastificate a materiali per l’edilizia; “con un aumento almeno due volte più alto del rischio di infarti,
ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non sono infarcite di plastica” come viene
riportato dalla precedente rivista in base a un ampio studio italiano coordinato da ricercatori
dell’Università della Campania.
Cosa possiamo fare per ridurre la contaminazione da micro e nano fibre?
Tanto per semplificare, potremmo seguire le indicazioni del professor Giorgio Sesti, presidente della
Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), di cui riporto integralmente le azioni pratiche, proposte dagli
esperti della Società Italiana di Medicina Interna:

1) “Scegliere per l'abbigliamento le fibre naturali. Nella scelta dei vestiti e dei tessuti,
preferire sempre quelli in fibre naturali come cotone, lana, viscosa e canapa, rispetto a
materiali sintetici come poliestere, poliammide, polipropilene e nylon, che rilasciano
microplastiche durante la produzione e il lavaggio.
2) Installare filtri contro le microplastiche nelle lavatrici.
3) Evitare prodotti cosmetici contenenti microplastiche.
4) Consumare acqua filtrata.
5) Prevenire la contaminazione dei cibi con la plastica.
6) Smaltire correttamente i rifiuti
7) Essere 'ambasciatore' del cambiamento, dando il buon esempio e sensibilizzando
familiari, amici e colleghi di lavoro sugli effetti dannosi delle microplastiche per la salute
dell'uomo e dell'ambiente.

A mio modesto parere attualmente nessuna di queste azioni viene seguita dalla
maggioranza della popolazione occidentale, per cui gli effetti negativi sulla nostra salute non
potranno che aumentare.

mailto:luigi.campanella38@gmail.com

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LA PAGINA DELLA SCIENZA

A cura del Prof. Luigi Campanella Docente di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali
all’Università La Sapienza - luigi.campanella38@gmail.com


SPECIALE AGRICOLTURA

AGRICOLTURA, AUMENTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE E
PROBLEMI ANCHE IN ITALIA

È stato detto e scritto più volte. Se tutta la superficie coltivabile della Terra fosse divisa fra gli 8 miliardi di
persone che la abitano a ciascuno spetterebbe un fazzoletto che dovrebbe rappresentare la superficie
dalla quale ottenere le risorse per vivere. Purtroppo, fatti i conti si è visto che così non è. Però anziché
puntare solo ad aumentare la quantità di risorse ottenibili dal proprio fazzoletto gli uomini dei Paesi più
forti hanno deciso di appropriarsi dei fazzoletti dei cittadini dei Paesi più deboli. Così la società globale si
è indirizzata verso una visione polarizzata in cui coesistono cittadini che dispongono di 8 fazzoletti e
cittadini che possono usufruire solo di frazioni del proprio fazzoletto. Per combattere la fame nel mondo
ci sono tre strade: aumentare la produzione con fertilizzanti, l'aumento della capacità nutrizionale con
modificazioni genetiche delle colture alimentari, la protezione della salute dei vegetali con equilibrata
adozione di fitofarmaci. Tutte e 3 le strade trovano però per ragioni diverse opposizione da parte della
componente ambientalista della società civile. Ovviamente questo non significa che le 3 strade siano
state abbandonate, ma di certo l’intensità con cui vengono perseguite non corrisponde ai criteri di
emergenza che a volte la fame nel mondo richiederebbe.
Ora però una nuova denuncia si aggiunge a creare allarme: l'agricoltura 2.0 e 4.0 potrebbe con le
innovazioni tecniche e scientifiche che la caratterizzano contribuire ad una nuova fase dello sviluppo
agricolo con ovvie ricadute anche sul problema alimentare. Cementificazione e abbandono della terra
costringono l'Italia ad acquisire all'estero il 40% di mais, soia e grano; ed ora si aggiunge il problema dei
dazi americani. I terreni agricoli persi nell'ultimo secolo ammontano al 33% con valori delle % importate
dei prodotti consumati che per carne e grano raggiungono il 60%. Le ragioni di questo abbandono sono
molteplici a partire dall'emergenza siccità dovuta ai cambiamenti climatici ed alla irrazionale gestione
degli invasi per la raccolta dell'acqua piovana. Altre ragioni vanno ricercate nella diffusione di specie
selvatiche, nelle difficoltà gestionali in relazione ai limiti burocratici europei, nella concorrenza da parte
delle importazioni da Paesi come Turchia e Canada dove si coltiva con tecniche non consentite in Italia
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per l'uso indiscriminato del glifosato. La mancanza di reciprocità pesa peraltro anche sulla possibilità di
accordi bilaterali. A questo quadro negativo fanno riscontro alcune situazioni favorevoli: l'innovazione
tecnologica con la robotizzazione agricola, le applicazioni all'agricoltura dell' intelligenza artificiale, il
nuovo approccio dell'agricoltura rigenerativa. Questa sfrutta la presenza nel terreno dei microorganismi
preziosi per la sua qualità. Così il suolo viene continuamente rigenerato acquisendo resilienza e fertilità,
sostituendo l'aratura tradizionale, che con la grande profondità coinvolta, comporta una modificazione
strutturale del terreno che finisce per nuocere alla resa del terreno rispetto alle colture su di esso
impiantate.


LE COVER CROPS (*)
La chimica agraria quando ero uno studente era considerata uno dei settori della chimica più importanti.
Nel tempo abbiamo assistito ad un progressivo distacco da questa impostazione conservando al settore
un significato diverso, anche se altrettanto importante, quello di chimica del suolo. Fra le due c'è un
evidente differenza perché il suolo può essere studiato e protetto rispetto a tante funzioni che ha non
solo quella produttiva. Concetti importanti come quelli del fattore limitante, del carb farm, del
potenziale idrico sono a volte considerati astratte elaborazioni scientifiche non sempre utili. Un esempio
che mostra quanto invece sia ancora importante la chimica agraria è rappresentato dalle concimazioni
azotate. Queste, se eseguite in grande eccesso, possono comportare seri problemi ambientali: infatti la
lisciviazione dei nitrati in corrispondenza di piogge abbondanti può portare a fenomeni di
eutrofizzazione nei laghi o invasi idrici conseguenti a rilascio dell'eccesso di nitrati non assorbite dalle
piante. C'è anche un danno più strettamente biologico: l'eccesso di nitrati allunga la fase vegetativa a
scapito di quella riproduttiva, riducendo l'allegagione dei fiori e favorendo invece un apparato fogliare
più esteso che richiede anche più acqua. Se si concima con urea l'ammoniaca prodotta può addirittura
inibire la germinazione dei semi. Infine si possono produrre variazioni di pH che bloccano l'attività
enzimatica dei microorganismi che popolano il suolo con perdita di biodiversità microbica che influisce
anche sulla quantità di azoto biodisponibile alle piante. Per sopperire a questi inconvenienti si può
ricorrere alle cover crops per trattenere l'azoto. Si tratta di colture vegetali che durante la loro crescita
vegetativa immagazzinano nitrati impedendone la lisciviazione e rendendone invece possibile, alla fine
del processo, il recupero. Le cover crops hanno ridotto il dilavamento dei nitrati di circa il 70%.Le specie
più idonee a fungere da Cover crops sono le graminacee, le brassicacee, le erbacce non finalizzate alla
raccolta e, in misura minore, le leguminose.
******************************
(*)Le cover crop sono colture utilizzate per non lasciar scoperti i terreni agricoli dopo la mietitura ed
altre operazione di raccolta ortaggi e similari, ad esempio durante l’inverno. Non hanno lo scopo di
raccogliere prodotti da vendere nei mercati ortofruttiferi , ma piuttosto forniscono servizi agroecologici
come la protezione del suolo dagli agenti meteoclimatici, l’aumento della fertilità e molto ancora…
I suoli agricoli rimangono per lunghi mesi privi di copertura vegetale. Ad esempio, i terreni destinati ad
ospitare le colture estive vengono affinati in autunno, ma sono poi seminati in primavera. Passano quindi
molti mesi scoperti, un periodo in cui il terreno è soggetto all'erosione da parte dei fenomeni atmosferici,
come la pioggia e il vento, e alla degradazione, perdendo ad esempio sostanza organica.
Per contrastare questi fenomeni è possibile impiegare le cover crop (colture di copertura), specie erbacee
che non sono finalizzate alla raccolta, ma che vengono seminate con lo scopo di apportare dei benefici al
terreno stesso e all'agroecosistema in generale.
"Le cover crop erano spesso impiegate dagli agricoltori prima della rivoluzione verde. Oggi le stiamo
riscoprendo per controbilanciare i difetti che caratterizzano la monocoltura e la monosuccessione
puntando invece ad incrementare la biodiversità, per consentire autoregolazione e sostenibilità degli
agroecosistemi", spiega Mariangela Diacono, ricercatrice della sede di Bari del Centro di Ricerca
Agricoltura e Ambiente del Crea.
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LE CURIOSITA’ DELLA NATURA


a cura del Dr Gabriele La Malfa


La processionaria del pino
La Thaumetopoea pityocampa, comunemente chiamata processionaria del pino, è un insetto
fitoparassita ampiamente diffuso in Eurasia (Italia compresa) e in Nord Africa. Esso è altamente
distruttivo per le pinete (le specie arboree maggiormente colpite sono il Pinus nigra e il Pinus sylvestris).
Durante la fase larvale causa gravi danni al fogliame, arrivando anche a pregiudicare il ciclo vitale della
pianta.
Il nome “processionaria” deriva dall’abitudine delle larve di spostarsi una di seguito all’altra in fila
indiana, in una sorta di processione. Esse, in genere, hanno una lunghezza variabile da 1 a 4 cm e sono
dotate di numerosissimi peli urticanti sul dorso e i fianchi, che costituiscono un efficace strumento
difensivo.
Un semplice contatto con le larve di questo insetto può avere effetti nocivi da modesti a gravi
(soprattutto negli animali endotermi, uomo compreso). I finissimi peli/setole penetrano con estrema
facilità nella cute, provocando dolorosi eritemi papulosi altamente pruriginosi. Se le setole, o frammenti
di esse, vengono a contatto con l’epidermide la reazione si risolve dopo qualche giorno, senza particolari
problemi (a meno di rare risposte allergiche), tuttavia se, malauguratamente, le setole vengono a
contatto con occhi, bocca, mucosa nasale e/o vie respiratorie la reazione può essere più intensa e
causare problemi più gravi e duraturi.
L’effetto urticante è dato dal rilascio di istamina, una molecola organica mediatore chimico
dell’infiammazione.
Il ciclo vitale di questo insetto parte con le uova nel mese di agosto, deposte dalla femmina in ammassi di
200-300 unità sugli aghi dell’albero ospitante. Dopo circa 4 settimane nascono le larve, che, seppure di
piccole dimensioni, hanno forti mandibole capaci di triturate da subito i duri aghi dei pini. Vista la loro
voracità e numero, defogliano completamente il ramo ospite in poco tempo, dopo di che migrano verso
nuovi rami in cerca di altro nutrimento.
Sui rami che depredano, le larve costruiscono un nido, dalla tipica forma sferoidale e di colore bianco-
grigiastro, questo grazie ad un filo sericeo (simile alla seta) di produzione endogena. Inizialmente i nidi
sono provvisori, ma verso ottobre viene costruito un nido più grande e stabile per affrontare il periodo
invernale (al suo interno si crea un “microclima” in grado di mitigare i rigori dell’inverno).
L’attività delle processionarie riprende in primavera e nel mese di maggio scendono dall’albero per
dirigersi verso un luogo adatto ad effettuare la metamorfosi in adulto. Trovatolo si interrano ad una
profondità di circa 10-15 cm e passano allo stato di crisalide.
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Lo sviluppo normalmente avviene in circa 2 mesi, anche se una parte delle crisalidi può entrare in uno
stato di diapausa e rimanere quiescente fino a 6-7 anni.
L’adulto, una falena, ha vita molto breve, inferiore alla settimana. La femmina si reca subito su un albero
ad alto fusto, dove aspetta il maschio, attirato dai suoi ferormoni, per accoppiarsi.
A fecondazione avvenuta la femmina vola in cerca della pianta più adatta per la deposizione delle uova e,
quindi, per ricominciare il ciclo.
L’attività di questo insetto, sia allo stadio larvale di bruco che a quello adulto di falena, è
prevalentemente notturna. Di giorno le larve rimangono a riparo nel nido e gli adulti immobili sui tronchi
degli alberi.
Essendo un insetto particolarmente distruttivo la disinfestazione è praticata in molti paesi (in Italia è
obbligatoria dal 1998, con Decreto Ministeriale 17.04.1998, poi abrogato e sostituito dal Decreto
Ministeriale del 30.10.2007).
Vi sono diversi metodi di lotta, da quella meccanica con trappole e taglio dei rami infestati, a quella
biologica con batteri patogeni e predatori naturali (come la formica rufa), sino a quella chimica con
pesticidi.

Nella foto un nido di processionaria del pino. Un efficace metodo di lotta è quello di sparare ai nidi con
i fucili da caccia nel periodo di dicembre e gennaio. I pallini da caccia, sebbene non provochino la
morte diretta delle larve, lacerano il bozzolo e fanno si che il freddo invernale penetri al suo interno,
causando la morte delle larve per l’eccessiva diminuzione di temperatura.


La peluria delle larve di processionaria è talmente fine che si può staccare anche con la semplice
azione del vento. Quindi il passaggio in zone particolarmente infestate, a prescindere dal contatto
diretto, può causare problemi se non si adottano adeguate protezioni.


Nella Foto un esemplare adulto di Thaumetopoea pityocampa.
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NOTIZIE SULL’IDROGENO

IDROGENO DALLE ACQUE DEL MARE

L'acqua degli oceani è una delle risorse più abbondanti sulla Terra, e rappresenta perciò un'immensa
fonte di idrogeno, fondamentale sia per la produzione di energia pulita che di acqua potabile. Questo è
particolarmente vero per il nostro Paese che con i suoi 8000 km di coste ha nell'acqua marina una risorsa
disponibile in situ. Sebbene attualmente siano stati fatti numerosi progressi per riuscire a produrre in
modo più efficiente questo elemento dall'acqua dolce, farlo con l'acqua salata è una sfida ancora aperta.
poiché le tecnologie disponibili non sono adatte all'impiego di acqua marina a causa dei danni che il sale
poteva causare agli impianti. Oggi, a seguito degli sforzi di ricerca condotti dall’Università di Stanford, si è
compiuto un notevole passo avanti nell'utilizzo dell'acqua di mare per la produzione di idrogeno verde.
É possibile quindi separare idrogeno e ossigeno a partire da acqua salata mediante l'uso dell'elettricità,
producendo un combustibile a idrogeno utilizzando elettrodi rivestiti da solfuro di nichel, una sostanza in
grado di resistere all’azione corrosiva dell’acqua di mare. Questo cambiamento non solo rappresenta un
importante passo avanti verso la riduzione della dipendenza dalle risorse idriche dolci, ma promette
anche sviluppi significativi per l'intero settore dell'energia rinnovabile, aprendo nuove prospettive per
una produzione di idrogeno verde più accessibile e sostenibile su scala globale. Gli elettrolizzatori hanno
due elettrodi rivestiti da un catalizzatore che fanno passare la corrente attraverso l’acqua.
Al di là di questa auspicabile innovazione di materia prima l'elettrolisi dell'acqua per produrre idrogeno
resta la prima soluzione in direzione di produrre idrogeno verde, cioè ambientalmente sostenibile. Dal
punto di vista fisico di tratta di un processo piuttosto semplice: basta immergere nell’acqua pura due
elettrodi e far passare al loro interno la corrente elettrica. Le molecole di acqua si scinderanno in
idrogeno e ossigeno: il primo si raccoglierà attorno all’elettrodo negativo (il catodo), il secondo attorno
all’elettrodo positivo (anodo).Per funzionare in maniera efficiente e a basse tensioni è però necessario
che i due elettrodi siano fatti di platino o iridio, materiali preziosi che nel corso del processo si
consumano e devono essere sostituiti rendendo così il processo costoso e poco interessante dal punto di
vista industriale. Hongjie Dai e i suoi colleghi sarebbero però riusciti a ottenere idrogeno per elettrolisi a
basso voltaggio utilizzando elettrodi in nichel e ferro, materiali a basso costo e facilmente reperibili. Il
loro processo sarebbe così efficiente da funzionare addirittura con la sola corrente di una pila stilo. Il
principio fisico sul quale si fonda questo progetto però non è ancora stato compreso, ma di sicuro di
tratta di un notevole progresso nello sviluppo di fonti di energia rinnovabili.
By Luigi Campanella

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Laura Tussi – Docente universitaria, giornalista, scrittrice e impegnata nel sociale

"Sillabe resistenti" e la realtà creativa di ANPI
Oggiono
“Sillabe resistenti" è un'espressione poetica che evoca l'idea di parole e suoni che resistono al tempo,
alla dimenticanza e alle avversità.
In poesia e prosa, le sillabe resistenti possono essere quelle che creano un'eco emotiva profonda e sono
legate a ricordi o esperienze significative e esprimono una verità universale o un sentimento comune e
hanno un suono o un ritmo particolarmente efficace. Come ad esempio, in questo caso, l'attivismo
convinto e idealista per il Pacifismo e la lotta per l'Antifascismo di tutta ANPI - Associazione Nazionale
Partigiani d'Italia, come ente morale per la pace.
Alcuni esempi di Sillabe resistenti nella poesia e nella prosa sono unità foniche e scansioni di parole in
suoni che continuano a risuonare e riecheggiare nella nostra cultura e nella nostra immaginazione, anche
dopo secoli. Come speriamo tutti accadrà con la Storia della Resistenza Partigiana Antifascista durante la
Seconda Guerra Mondiale e con la conseguente Liberazione dal nazifascismo nel 25 Aprile 1945.
Questa introduzione per raccontarvi che con Fabrizio Cracolici siamo stati ospiti della sezione ANPI
Oggiono in provincia di Lecco in qualità di relatori della presentazione del libro "I partigiani della Pace",
edito da Emi - Editrice Missionaria Italiana.
Il nostro stupore nel vedere un pubblico numeroso e molto motivato di attiviste e attivisti che compone
la sezione Anpi Oggiono una realtà che produce una pubblicazione autonoma e autogestita e
autocreativa. Appunto "Sillabe resistenti".
La pubblicazione ormai da un anno esce a cadenza settimanale e consiste in un libello e in un pamphlet di
riflessioni sul mondo attuale e con chiose a eventi della realtà che circonda e purtroppo impegna e
preoccupa molto tutti noi attivisti e resistenti. Simile a un manifesto di intenti e istanze e soprattutto
idealità contro il fascismo in tutte le sue forme in ogni longitudine e latitudine del nostro martoriato
pianeta.
Il titolo di questo libro, composto dai vari pamphlet che escono a cadenza settimanale, è appunto
"Sillabe resistenti" e è da poco diventato un autentico saggio con il medesimo titolo. È particolare notare
come un ente morale importante come ANPI produca e rediga e crei dalla base e con le esperienze dei
suoi tesserati e attivisti delle pubblicazioni autonome e autogestite che si trasformano in importanti
riflessioni sulla società attuale e sullo stato della politica mondiale e a livello globale.
Tra i fondatori della sezione ANPI di Oggiono Claudio Ravasi e il curatore del libro "Sillabe resistenti",
l'eclettico rimatore Moreno Rossi, in collaborazione con le altre componenti della Redazione molto
attiva, Simonetta Donghi e Emanuela Leoncini, tutte e tutti con un grande carisma organizzativo e
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soprattutto creativo che fornisce molti stimoli ai numerosi aderenti e ai tesserati che si riscoprono
creativi e abili nelle loro doti narrative e di scrittura e di stesura eclettica di racconti di vario genere e
soprattutto di pensiero sull’attualità di una congiuntura così complessa e nefasta e mefitica come la
realtà presente.
Il fatto che ha spinto alcuni degli attivisti ANPI a dar vita a questa rubrica settimanale che ha tutte le
peculiarità del Dazibao, il giornale murale nato durante Rivoluzione Culturale cinese e diffusosi poi in
Occidente e nel mondo dando voce alle proteste di Berkley, Parigi, Roma e Tokio, è l’insopportabile
climax che caratterizza l’informazione in Italia e non solo!
Dazibao, cioè controinformazione e formazione, al fine di contrastare, in noi stessi innanzitutto e
soprattutto, l’assuefazione a un pensiero omologante, mirante a edificare, per dirla con Marcuse, l’uomo
ad una dimensione!
Se consideriamo ad esempio tutti gli editoriali dei giornali cosiddetti mainstream, per non parlare dei
servizi dei telegiornali, è evidente il tentativo più o meno sottinteso di convincerci che il riarmo, con
conseguente aumento delle spese militari, sarebbe una scelta ineluttabile. ”Si vis pacem, para bellum”,
ossia “Se vuoi la pace prepara la guerra”, recita infatti un vecchio adagio, peraltro di incerta origine.
Oltre a non fare discernimento sulle cause di quella che il Pontefice definiva “Terza Guerra Mondiale a
pezzi”, tale motto è però menzognero: basterebbe leggere gli storici dell’antichità, da Tucidide a Tito
Livio, per rendersi conto che se prepari la guerra viene la guerra!
Con la coincidenza tragica che viviamo tra l’autoritarismo liberticida praticato dall’oligarchia fascistoide
che ci governa, il piano criminale “Rearm Europe”, il genocidio di Gaza, i conflitti alimentati dalla NATO in
Ucraina, Medio Oriente e Africa, l’inasprirsi del progetto imperialista USA.
Tempo fa, Sua Eccellenza il Presidente del Consiglio, rivolgendosi alle opposizioni prima sui social e poi in
Parlamento, ha citato un altro motto latino affermando di essere la roccia mentre i suoi detrattori
sarebbero acqua!
“Gutta cavat lapidem, non vi, sed saepe cadendo”, la goccia perfora la roccia, non per la forza, ma con la
persistenza!
Non sappiamo se per protervia o per ignoranza (le due cose vanno di pari passo) la nostra premier abbia
completamente travisato l’insegnamento del proverbio. Ma sappia lei e sappiano i fascioleghisti di
qualsiasi latitudine, lo diciamo apertis verbis, che noi e questa rubrica di ANPI Oggiono siamo stati, siamo
e saremo quella goccia!
Mettendo in pratica questo proverbio, gli attivisti di ANPI Oggiono sono la goccia che ogni mercoledì che
il cielo manda in terra, feste comandate comprese, con perseveranza è caduta sulle coscienze allo scopo
di inquietare e far indignare il lettore. In punta di penna e senza cedere a trivialità tipiche dei giornali
della destra, dove, dietro agli insulti, traspare il più becero conformismo, i R-esistenti di ANPI tentano di
raccontare come va il mondo, ma anche come e perché la Storia non procede in senso pacifico e con
giustizia sociale tramite la cooperazione tra genti e popoli e minoranze.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza un appassionato lavoro collettivo, accompagnato dalla ferrea
volontà di tutta la Redazione!
by Laura Tussi

https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwi1nZPvr5bXAhVBsRQKHfEvAWsQjRwIBw&url=https://curatti.com/product-announcement/&psig=AOvVaw3NqKt96I3HIBJczej9zBhy&ust=1509385073387860

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LA VOCE DEI LETTORI


Pagina dedicata a servizi, idee, poesie e foto a cura dei nostri lettori




Ma i nostri politici, sia al governo che all’opposizione, mi chiedo da tempo, su
quello che sta per accadere al popolo cristiano europeo si sono resi conto? Oppure
fingono di non sapere o, peggio, sono criminali che un giorno la storia li
condannerà come complici della distruzione della nostra civiltà?
Chi vi dice questo è una persona che per lavoro da 25 anni frequenta i Paesi Arabi.
Andrea da Mantova



Abbiate pazienza, presto
saremo finalmente padroni
dell’intera Europa. Loro non
fanno più figli, noi invece ne
facciamo tanti da occupare
anche il Vaticano

mailto:idrogenoverdenew@gmail.com

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ENERGY AND LIFE

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